Chi sono

Dopo la maturità classica mi sono laureata a pieni voti presso l'Università degli Studi di Milano.

Sono iscritta all'Albo degli Avvocati di Milano dal 1994 e all'Albo Speciale della Suprema Corte di Cassazione dal 2012.

Ho scelto di esercitare la mia attività prevalentemente in materia di diritto delle persone, della famiglia e dei minori.

Ho approfondito le mie aree di specializzazione attraverso i corsi e i seminari organizzati dall'Associazione Italiana Avvocati per la Famiglia e per i Minori (AIAF) della quale sono socia.

Mi occupo di conflitti familiari (separazioni, divorzi, controversie tra genitori, successioni) privilegiando, dove possibile, soluzioni non contenziose per mezzo della negoziazione assistita e della pratica collaborativa.

Nel 2010 ho fondato con altri colleghi l'Associazione Italiana Professionisti Collaborativi – AIADC,  con lo scopo di diffondere e di coltivare la pratica collaborativa quale processo alternativo di risoluzione dei conflitti in ambito civile, con particolare riguardo ai conflitti familiari.

Mi sono formata alla mediazione familiare presso l'Associazione GeA Genitori Ancora di Milano, sotto la direzione del prof. Fulvio Scaparro.

Come mediatrice familiare, lavoro affinchè i genitori, insieme, elaborino in prima persona un programma di separazione rispettoso delle loro esigenze e di quelle dei loro figli, tenendo conto degli aspetti psicologici, relazionali, patrimoniali e organizzativi.

 

Le informazioni contenute nel presente sito sono rese in conformità alle disposizioni degli artt. 17 e 35 del Codice Deontologico Forense:

Art. 17 – Informazione sull’esercizio dell’attività professionale 1. È consentita all’avvocato, a tutela dell’affidamento della collettività, l’informazione sulla propria attività professionale, sull’organizzazione e struttura dello studio, sulle eventuali specializzazioni e titoli scientifici e professionali posseduti. 2. Le informazioni diffuse pubblicamente con qualunque mezzo, anche informatico, debbono essere trasparenti, veritiere, corrette, non equivoche, non ingannevoli, non denigratorie o suggestive e non comparative. 3. In ogni caso le informazioni offerte devono fare riferimento alla natura e ai limiti dell’obbligazione professionale.

Art. 35 – Dovere di corretta informazione 1 1. L’avvocato che dà informazioni sulla propria attività professionale, quali che siano i mezzi utilizzati per rendere le stesse, deve rispettare i doveri di verità, correttezza, trasparenza, segretezza e riservatezza, facendo in ogni caso riferimento alla natura e ai limiti dell’obbligazione professionale. 2. L’avvocato non deve dare informazioni comparative con altri professionisti né equivoche, ingannevoli, denigratorie, suggestive o che contengano riferimenti a titoli, funzioni o incarichi non inerenti l’attività professionale. 3. L’avvocato, nel fornire informazioni, deve in ogni caso indicare il titolo professionale, la denominazione dello studio e l’Ordine di appartenenza. 4. L’avvocato può utilizzare il titolo accademico di professore solo se sia o sia stato docente universitario di materie giuridiche; specificando in ogni caso la qualifica e la materia di insegnamento. 5. L’iscritto nel registro dei praticanti può usare esclusivamente e per esteso il titolo di “praticante avvocato”, con l’eventuale indicazione di “abilitato al patrocinio” qualora abbia conseguito tale abilitazione. 6. Non è consentita l’indicazione di nominativi di professionisti e di terzi non organicamente o direttamente collegati con lo studio dell’avvocato. 7. L’avvocato non può utilizzare nell’informazione il nome di professionista defunto, che abbia fatto parte dello studio, se a suo tempo lo stesso non lo abbia espressamente previsto o disposto per testamento, ovvero non vi sia il consenso unanime degli eredi. 8. Nelle informazioni al pubblico l’avvocato non deve indicare il nominativo dei propri clienti o parti assistite, ancorché questi vi consentano. 9. Le forme e le modalità delle informazioni devono comunque rispettare i principi di dignità e decoro della professione. 10. La violazione dei doveri di cui ai precedenti commi comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura.

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